Odore di brace

Administrator | Archivio | Apr 16, 2013| No Comments »

Con il patrocinio dell’ “Associazione delle famiglie dei 40 martiri”, della Commissione Pari Opportunità e dell’Assessorato alla Cultura del comune di Gubbio (PG), il 18 aprile 2013 alle ore 21:00, al teatro comunale di Gubbio (PG), andrà in scena, lo spettacolo

Odore di brace, 12 agosto 1944

 

Drammaturgia: Rita Pagnozzi

Regia: Rita Pagnozzi, Cecilia Pasquarelli

Scenografia: Giampiero Lombardini

Interpreti: Marta Barberini, Loredana Bassetti, Nicola Castellini, Loredana Cerioni, Safa Guida, Cecilia Pasquarelli, Chiara Pennacchioli, Roberto Tittarelli, Claudio Urbani

Voce fuori campo: Rita Pagnozzi

Nel foyer del teatro, piccola installazione “Corpi sporchi di vita”
di Isabella Sannipoli e Rita Pagnozzi

Ingresso: eurini 10, ridotto 8

Quando l’uomo seppellisce con “un’archiviazione” la sua Storia, questa si ribella e urla il suo grido di dolore. Grido che taglia il silenzio dell’individualismo e del relativismo utilitarista del nostro tempo, grido che squarcia l’hic et nunc dell’essere, alle prese con una demagogia, connessa ad un periodo di forte crisi economica, politica ed etica.

La Storia, quasi istanza metafisica, attende, allora, una posizione ermeneutica, che non può non venire dal non addetto ai lavori, dall’uomo qualunque, dal cittadino medio; da qui, la scelta di lavorare con attori non professionisti. Il racconto per immagini, di un episodio dalla forte portata emotiva, impone la ricerca della verità pura, dell’id quod substat, della sostanza, scevra da qualsiasi artificio e quindi, anche, da ogni forma di tecnica attoriale. La ricostruzione di azioni fisiche ha l’unico scopo di trasmettere, non una semplice “spremitura di sentimenti”, ma l’energia atta alla restituzione della “verità scenica”.

Lo spettacolo, della Compagnia “Nostos Teatro”,  si gioca su due ritmi opposti: la concitazione e la lentezza che sono rispettivamente la dimensione della coscienza (il tormento) e quella del ricordo rivissuto (l’angoscia).

A queste due direttrici narrative fanno da sponda filosofica il celato (il non detto) e lo svelato (il narrato); il disvelamento, l’aletheia, si fa epifania attraverso le frasi non dette e le azioni compiute, che sono, esse stesse, narrazione scenica.

I protagonisti sono uomini e donne senza volto, né età; sono tutti gli uomini e tutte le donne del secondo conflitto mondiale. Si conserva un sesso, solo, ed esclusivamente, per distinguere le vittime dai carnefici, che, però, sono immediatamente sostituibili e invertibili. Questi uomini e queste donne sono la speranza e la disillusione, il promesso e il disatteso; futuro e passato, di un presente avaloriale. I valori del passato non sono ancora tramontati e quelli nuovi, destinati a dominare, non sono ancora perfettamente giunti alla massima espressione.

La costruzione, minima e minimalista, impone la presa di coscienza che quel tempo non è mai “passato”, che quelle pulsioni vivono ancora, ogni qual volta si accendono i riflettori sul tempo della Storia. Proprio per questo, il ritmo è dato dalle azioni, dai movimenti, dalle battute e dagli sguardi; la musica di sottofondo e le luci si fanno strumento dei corpi, e non viceversa.

 

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